omologa rifiuti

Omologa rifiuti: cos’è, a cosa serve e come si compila?

L’omologa rifiuti è quel processo da eseguire per consegnare un rifiuto presso un impianto di destino o in discarica. In questo articolo scopriamo di cosa si tratta esattamente e come si effettua.


Indice


Che cos’è l’omologa rifiuti: significato del termine

L’omologa, detta anche procedura di omologazione, è il processo che consente la corretta ed esauriente individuazione delle caratteristiche del rifiuto al fine di sottoporlo a uno specifico trattamento. Con l’omologa si individuano le caratteristiche chimiche, fisiche e merceologiche del rifiuto. Oltre alla presenza di inquinanti, eventuali caratteristiche di pericolosità, tendenza alla cessione di contaminanti per lisciviazione e le emissioni in una qualunque fase di recupero o smaltimento. Tutto questo per garantire l’idoneità e l’efficacia delle lavorazioni cui il rifiuto sarà sottoposto.

Quando un’impresa ha necessità di conferire rifiuti speciali presso un impianto, le può venire richiesto di compilare questo documento. In esso devono essere riportate tutte le caratteristiche e le informazioni relative al rifiuto che si intende conferire. La richiesta proviene dall’impianto di destino stesso che deve conoscere nel dettaglio il rifiuto per capire se può trattarlo o meno secondo le tecnologie o gli spazi a propria disposizione. Questo tuttavia non avviene sempre. La richiesta di compilazione di un’omologa è legata alla necessità di procedere ad analisi sul rifiuto per conoscerne le caratteristiche di pericolosità.

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Quando è obbligatoria l’omologa rifiuti

L’omologa rifiuti sarebbe sempre necessaria. L’impianto di gestione rifiuti, stoccaggio, trattamento, incenerimento e smaltimento deve accettare il rifiuto solo se accompagnato da analisi. Ciò nelle modalità previste dalla Legge, in occasione del primo conferimento e ogni volta che intervengano modifiche sostanziali al processo produttivo dal quale deriva. Le analisi sono differenti per tipologia e periodicità in base al tipo di impianto cui i rifiuti sono destinati e sono sempre a carico del produttore del rifiuto.

Il DM 27/09/2010 prevede che l’omologa ai fini dell’ammissibilità in discarica sia eseguita in occasione del primo conferimento e ripetuta ad ogni variazione significativa del processo originante i rifiuti e comunque almeno una volta all’anno. Il D.lgs 133/2005 prevede che il gestore di un inceneritore acquisisca dal produttore del rifiuto informazioni sulla composizione chimica dello stesso.

Per gli impianti che operano in regime semplificato, sono il DM 186 del 05/04/2006 (art. 8 c.4) per quanto riguarda i rifiuti non pericolosi e il DM 161/02 (art. 7 c.3) per quelli pericolosi a dettare le linee guida. Le analisi devono essere effettuate a carico del produttore in occasione del primo conferimento e successivamente ogni 24 mesi (per i pericolosi 12 mesi). Comunque ogni volta intervengano modifiche sostanziali nel processo di produzione dal quale originano tali rifiuti.

Nel caso di impianti operanti in regime ordinario secondo l’articolo 208 del D.lgs 152/2006 la frequenza delle analisi è stabilita dalla Provincia nelle prescrizioni autorizzative agli impianti. Da un minimo di 6 mesi ad un massimo di 24 e comunque sempre necessaria al primo conferimento. Il non rispetto dell’obbligo di omologa è probabilmente dovuto al fatto che per gli impianti operanti in regime ordinario, la mancanza di esplicite linee guida da parte delle Province all’interno delle prescrizioni autorizzative degli impianti stessi, sia letto come un tacito permesso di procedere senza.

La classificazione dei rifiuti

La conclusione positiva di una procedura di omologa parte sempre da una corretta classificazione del rifiuto. Tuttavia la classificazione tramite codici CER, obbligatoria a fini normativi, non esaurisce i dubbi sulla natura del rifiuto. Ciò avviene soprattutto in due casi, i rifiuti con codice a specchio e quelli con codice che termina con la cifra 99, ovvero i rifiuti non specificati altrimenti.

Questi ultimi sono codici di rifiuti provenienti dagli stessi settore e processo ma che non sono individuabili con nessun altro codice tra gli altri presenti nell’elenco. Spesso per comodità o quando non si conosce bene il sistema di attribuzione si finisce per abusare di questo codice. Ciò sebbene la normativa indichi come la scelta delle categorie 99 debba solo rappresentare un’ultima ratio. Bisogna quindi stare attenti a non attribuire un codice 99 con troppa leggerezza.

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Si è invece in presenza di un codice CER a specchio quando si incontrano due codici dalle stesse cifre ma uno dei due termina con un asterisco. Questo particolare ne indica la pericolosità. Uno stesso rifiuto può infatti risultare pericoloso o non pericoloso. Questa particolare ipotesi di voci a specchio tratta rifiuti per i quali il processo di produzione o le loro caratteristiche intrinseche non consentono di per sé di qualificarli univocamente come pericolosi o non pericolosi. La loro pericolosità dipende dalla concentrazione di sostanze pericolose al loro interno da verificarsi caso per caso. Pertanto per questa tipologia di rifiuti esistono due possibili codici CER, uno senza asterisco e l’altro con, a seconda della concentrazione delle sostanze pericolose in essi contenute.

La caratterizzazione dei rifiuti in fase di omologa

Il termine caratterizzazione indica l’individuazione delle sue caratteristiche chimiche. Ciò determina la presenza delle pericolosità, il tipo o i tipi di essa. Spesso però accade che per giungere alla classificazione stessa dei rifiuti sia necessario procedere ad una caratterizzazione chimica e chimico-fisica. La fase di omologa si può dire essere la caratterizzazione del rifiuto da parte del gestore dell’impianto di destino.
Per avere risultati attendibili che rispecchino la vera natura del rifiuto è importante applicare corrette metodiche di campionamento e analisi standardizzate. È chiaro come questo tipo di azioni siano da effettuare da personale specializzato in laboratori certificati.

Una corretta classificazione dei rifiuti è indispensabile per gestirli correttamente dentro e fuori l’impresa e predisporre correttamente tutta la documentazione amministrativa. Ricordiamo che il D.lgs 152/2006 prevede che al produttore dei rifiuti spetti il compito di classificarli assegnandovi a ciascuno il corretto codice CER. Ne consegue che il produttore sia il responsabile della corretta caratterizzazione dei rifiuti e dell’individuazione delle pericolosità che essi possiedono.

Le analisi rifiuti per l’omologa

Per conferire i rifiuti in alcuni impianti sono necessarie delle analisi di omologa. Si tratta di analisi effettuate su un campione di rifiuto con le quali vengono analizzati parametri specifici contenuti nelle autorizzazioni di tali impianti. A questo proposito si vuole precisare che può accadere che il produttore di un rifiuto associ ad esso un CER e dal documento delle analisi di laboratorio ne risulti uno diverso. In tale situazione ha valenza giuridica il CER risultante dal documento di analisi chimica. Qualora il produttore decidesse di conservare il CER da lui individuato, in fase di controllo da parte delle autorità si troverebbe a dover giustificare questo tipo di discrepanza non legale.

Omologa e rifiuti pericolosi

Sappiamo che il produttore dei rifiuti li deve identificare attraverso i codici CER. Il catalogo di questi ultimi, per quanto riguarda la pericolosità, dalla Normativa viene suddiviso in tre macro-categorie secondo le disposizioni contenute nella Decisione 2014/955/UE e nei Regolamenti 2014/1357/UE e 2017/997/UE:

  • Codici CER non pericolosi assoluti. Rifiuti per i quali non sussistono caratteristiche di pericolosità e ai quali il produttore potrà attribuire un codice CER privo di asterisco.
  • Codici CER pericolosi assoluti. Rifiuti per i quali è chiara la natura pericolosa, ai quali il produttore dovrà attribuire un codice CER che termina con l’asterisco (*) e associare secondo le proprietà di pericolo identificate le pericolosità da HP1 a HP15 riportate nell’Allegato III della Direttiva 2008/98/CE. In questo caso è la normativa che stabilisce di classificare inequivocabilmente come pericolosi alcuni rifiuti in base al ciclo produttivo di provenienza. Ciò perché è certo che possiedono caratteristiche chimico-fisiche o sostanze pericolose in quantità significative.
  • Codici CER a specchio. Questa tipologia di rifiuti riguarda quegli scarti per i quali non basta conoscere il processo di lavorazione per poter definire il rifiuto come pericoloso assoluto. Per stabilire se si tratta di un rifiuto pericoloso le sostanze pericolose contenute devono raggiungere determinate concentrazioni, tali da conferire al rifiuto in questione una o più delle pericolosità da HP1 a HP15 riportate nell’Allegato III della Direttiva 2008/98/CE. In tal caso è necessario procedere ad un prelievo e ad un’analisi chimica di un campione rappresentativo del rifiuto per stabilire se la concentrazione di sostanze pericolose in esso contenute superano i limiti tali da classificare il rifiuto come pericoloso ed attribuire il CER con asterisco.

La scheda di omologa rifiuti cos’è

Non esiste un modello ufficiale istituzionale rilasciato dal Ministero, ma ogni impresa di smaltimento o recupero ne produce uno personalizzato a disposizione di chi vuole conferire rifiuti. Tendenzialmente le differenze tra omologhe di società diverse saranno in base ai parametri che ogni impianto deve rispettare in base alla propria autorizzazione. L’omologa rifiuti è composta generalmente da alcuni fogli, solitamente in formato digitale, ad esempio un file PDF, nei quali sono da compilare tutta una serie di voci utili al gestore dell’impianto per capire di che rifiuto si tratta esattamente, da dove proviene, come viene prodotto e se sarà possibile ammetterne il conferimento.

Nella prima parte di anagrafica sono riportati i dati della società che intende conferire il rifiuto ed il luogo nel quale questo viene prodotto. Nel resto della documentazione si riportano tutte le informazioni descrittive e di caratterizzazione di base.

Omologa rifiuti: come si compila

Viene predisposta una scheda descrittiva del rifiuto e del processo dal quale viene prodotto, che deve essere compilata in ogni sua parte. Dovrà essere affiancata da un certificato di analisi redatto secondo la normativa e da eventuali ulteriori documentazioni come per esempio la scheda tecnica del materiale o prodotto dal quale si ottiene il rifiuto e le schede di sicurezza.

Le informazioni che di solito sono da specificare riguardano le caratteristiche qualitative e quantitative del rifiuto prodotto, la provenienza se da un processo o da attività di recupero o smaltimento, la descrizione del processo che ha originato il rifiuto, le materie prime utilizzate in tal processo. Inoltre sono da specificare la pezzatura, le caratteristiche organolettiche, lo stato fisico, le caratteristiche di pericolo indicate attraverso le HP, la regolarità della produzione e le modalità di imballaggio.

Il documento contiene le prescrizioni relative alle attività di conferimento ritenute necessarie per garantire che lo svolgimento delle operazioni avvenga nel rispetto delle norme di sicurezza e non pregiudichi il corretto funzionamento dell’impianto. Ciò può portare anche a richieste riguardo le modalità in cui un rifiuto viene imballato e trasportato. È inoltre normale prassi inviare al richiedente il conferimento del rifiuto anche il contratto economico con l’indicazione delle tariffe applicate per il servizio fornito.

La responsabilità dell’omologa rifiuti

Prima di accettare il contratto di conferimento dei rifiuti all’interno dell’impianto verrà valutata tutta la documentazione che il produttore avrà fornito all’impianto di destino. Nel dettaglio saranno analizzati:

  • la scheda descrittiva del rifiuto
  • l’esito di analisi chimico-fisiche
  • il campione rappresentativo del rifiuto

Il Tecnico responsabile dell’impianto

La responsabilità dell’omologa, secondo l’art. 28 della L.R. 3/2000 è in capo al Tecnico responsabile individuato dal legale rappresentante dell’impianto che intende ritirare il rifiuto. Prima dell’inizio dei conferimenti, una volta raccolte tutte le informazioni, il Tecnico responsabile decide se il rifiuto sarà trattabile nell’impianto e con quali modalità tecniche e gestionali.

Con il rilascio dell’omologa, l’impianto di destino attribuisce solitamente al rifiuto un numero che lo identifichi, ovviamente conservando il codice CER. Ciò risulterà propedeutico, nel caso si tratti di una discarica, ad associare il numero del rifiuto al settore nel quale verrà posto di volta in volta.

Da non sottovalutare è il fatto che la procedura di accettazione del rifiuto prevederà poi, in occasione di ogni conferimento, la verifica della corrispondenza tra le caratteristiche del materiale con quelle fornite tramite la documentazione redatta dal produttore in fase preliminare. Nel caso si verifichino difformità tra il carico pervenuto all’ingresso dell’impianto e ciò che è dichiarato sulla documentazione può verificarsi una sospensione dell’omologa e l’interruzione dei conferimenti.

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Conclusioni

Concludendo ricordiamo che ovviamente la procedura di omologa presso un impianto andrà a buon fine nel caso il rifiuto analizzato risulti con un codice CER presente all’interno della lista dei rifiuti elencati nel Decreto autorizzativo dell’impianto ricevente. In caso contrario dovrà essere scelto un altro impianto di destino che nella lista dei CER trattabili includa anche quello risultante dalle analisi.

Abbiamo visto in questo articolo quanto sia importante la procedura di omologa e come non si tratti affatto di una formalità. Una gestione rifiuti effettuata correttamente fin dal principio facilita il giungere a buon fine delle procedure. Per questo consigliamo sempre di rivolgersi a personale esterno competente nel caso non si posseggano all’interno dell’impresa le competenze necessarie. Ciò al fine di evitare di incorrere nelle sanzioni previste in caso di una non corretta gestione rifiuti.

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