Chi è e cosa fa il Consulente Ambientale?

La figura professionale del consulente ambientale sta diventando sempre più comune nel mondo delle aziende. Tra i nuovi green job è una delle figure più interessanti. Andiamo a scoprire in questo articolo cosa fa esattamente e come diventarlo

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Chi è e cosa fa il Consulente Ambientale

Sempre più spesso, la gestione dei rifiuti speciali prodotti all’interno delle aziende viene affidata a Consulenti Ambientali esterni. Trattandosi di tematiche di crescente complessità, il personale interno non è sempre aggiornato sulle normative o specializzato nelle procedure da seguire.

Oltre che implicazioni di carattere normativo, la gestione rifiuti ha importanti ricadute economiche. Se infatti bisogna gestire i rifiuti secondo ciò che è prescritto da determinate Leggi è inoltre vero che si tratta di un’attività costosa. Anzi sempre più costosa. Il costo della gestione dei rifiuti speciali è infatti in costante crescita.

Circular Economy Manager: il Consulente Ambientale dell’Economia Circolare

Parliamo della figura del Circular Economy Manager. Professione nuove e ancora non ben definita, opera in contesti ancora da svilupparsi pienamente. L’economia circolare si realizza attraverso il riassetto delle attività all’interno delle organizzazioni e ridisegnando i modelli di produzione per creare filiere nelle quali materia ed energia siano create e utilizzate in un circuito chiuso. Alla base dell’Economia Circolare vi è il superamento delle classiche separazioni tra ambiti e settori. È per questo che il consulente ambientale è una figura multidisciplinare. Deve infatti connettere realtà tecniche e settoriali differenti.

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Le potenzialità dell’economia circolare possono venire pienamente sfruttate solo investigando e sviluppando tutte le possibili sinergie. Inoltre non si tratta solo di ideare e realizzare questo tipo di connessioni. Infatti l’economia circolare nella sua interezza è molto di più. Ecco cosa:

  • produrre energia rinnovabile;
  • valorizzare i materiali mediante upcycling, riuso, riciclo e tramite il mercato dei sottoprodotti;
  • sviluppare modelli di business che prevedano di vendere i beni come servizi o sulla base della condivisione;
  • estendere la vita utile di prodotti e asset mediante una progettazione e una manutenzione ad hoc;
  • progettare prodotti sulla base dei principi dell’eco-design, ovvero con materie naturali e rinnovabili.

Il consulente ambientale anche se può essere intermediario di sottoprodotti o materiale riciclato, non è solo questo. Può essere infatti una figura consulenziale con competenze tecniche che supporta alla realizzazione di progetti riguardanti uno o più dei punti appena citati.

Cosa sono i green jobs

Ovviamente porre in essere nuove soluzioni gestionali e industriali più sostenibili ha bisogno di professionalità in grado, con le loro competenze, di guidare nella realizzazione i soggetti interessati.
Il termine green jobs è apparso nell’ultimo decennio come concetto riferito a tutte quelle professioni che trattano gli aspetti legati alla sostenibilità con particolare importanza. Non si tratta per forza di nuove professioni nate dal progredire della società. Ma anche di professioni già esistenti svolte però in una maniera nuova. Ponendo gli aspetti della sostenibilità in un ruolo centrale nella progettazione delle azioni da realizzare.

A questo proposito, è anche arrivata qualche tempo fa la definizione di green jobs da parte dell’UNEP (United Nations Environment Program), l’agenzia delle Nazioni Unite che opera contro i cambiamenti climatici e a favore della tutela dell’ambiente e dell’uso sostenibile delle risorse naturali. Secondo l’UNEP “si definiscono green jobs quelle occupazioni nei settori dell’agricoltura, del manifatturiero, nell’ambito della ricerca e sviluppo, dell’amministrazione e dei servizi che contribuiscono in maniera incisiva a preservare o restaurare la qualità ambientale“.

Tra queste nuove professioni figura quella del consulente ambientale, di cui stiamo costruendo il profilo in questo articolo.

Il contesto normativo del Consulente Ambientale

Oggi la produzione della legislazione sui rifiuti in Italia avviene tramite il recepimento delle Leggi europee. Questo perché vi è un obbligo di recepimento delle normative europee che garantisce regole omogenee tra Nazioni. L’Unione Europea ha concepito un quadro giuridico specifico al fine di controllare l’intero ciclo dei rifiuti, dalla produzione allo smaltimento, incentivando recupero e riciclaggio.

La disciplina normativa in Italia è costituita dal Testo Unico Ambientale, il D.lgs. 152/2006, modificato dal D.lgs. 205/2010 che recepisce la direttiva europea 2008/98/CE. Questa direttiva, come scritto nel suo ambito di applicazione,

“stabilisce misure volte a proteggere l’ambiente e la salute umana prevenendo o riducendo gli impatti negativi della produzione e della gestione dei rifiuti, riducendo gli impatti complessivi dell’uso delle risorse e migliorandone l’efficacia.”

Dall’Unione Europea giunge anche l’elenco dei rifiuti ai fini della classificazione, contenuto nel Regolamento 2014/955/UE.

Secondo la Direttiva 2008/98/CE la prevenzione deve essere attuata favorendo la riduzione della produzione e della pericolosità dei rifiuti e facilitandone il riutilizzo, il riciclo e altre operazioni di recupero. Solo come ultima ratio gerarchica è collocato lo smaltimento in discarica, concepito come soluzione residuale da azzerare nel tempo.

In questo contesto, il ruolo del Consulente Ambientale mira a coprire l’intero processo.

Cosa fa il consulente ambientale?

Il consulente ambientale è un tecnico con competenze specifiche in materia ambientale che svolge attività gestionali riguardanti gli aspetti di tutela dell’ambiente legati ad un determinato contesto economico.

Il lavoro del consulente ambientale può trattare diversi aspetti. Dipende poi dai casi, su quale singolo o multipli aspetti il professionista vorrà concentrare la propria formazione e attività. Come suggerisce anche il termine consulente, consiglia e assiste il proprio committente nello svolgimento di atti, pratiche o progetti. Tutto ciò fornendo informazioni e pareri o implementando soluzioni attraverso le proprie competenze.

Come vedremo può operare in un contesto multidisciplinare. Inoltre può farlo come libero professionista o come dipendente. In quest’ultimo caso può avvenire un’integrazione con figure già note come gli HSE, gli RSPP, i responsabili qualità o semplicemente integrare attività che fanno parte delle mansioni di queste figure.
Le azioni caratterizzanti l’attività del consulente ambientale si concentrano innanzitutto su due settori piuttosto definiti. Uno di questi è anche riportato nella descrizione delle attività del codice ATECO di riferimento del consulente ambientale, il 74.90.93. Questi due settori sono:

  • l’efficienza energetica e il consumo di materie prime;
  • la gestione rifiuti, i correlati adempimenti documentali e il contenimento del loro costo aziendale.

Per quanto riguarda invece le mansioni del consulente ambientale scendendo più nello specifico, possono essere riassumibili in:

  • risparmio energetico e conversione a energie rinnovabili
  • gestione documentale rifiuti in conformità alla normativa ambientale
  • audit e implementazione di sistemi di gestione ambientale (audit ambientale)
  • valutazione dei rischi per la sicurezza ambientale
  • valutazioni impatto ambientale e adempimenti per le pratiche autorizzative (AIA, AUA)
  • contabilità verde
  • Diritto dell’ambiente
  • economia circolare (individuazione di sottoprodotti)

Andiamo ora a capire cosa trattano questi ambiti un po’ più nello specifico. Per ognuno di essi esistono professioni ad hoc le cui mansioni possono essere fatte ricadere nel concetto di consulenze ambientali.

Consulente esperto gestione energetica

In questo ambito il consulente ambientale studia la possibilità di diminuire il consumo di energia eliminando gli sprechi e l’installazione di impianti di energia rinnovabile. Può agire sia a livello civile che industriale arrivando a progettare e gestire impianti in maniera da ridurre i consumi di materie prime ed energia.

Stiamo parlando in questo caso di una figura un po’ più specifica, quella dell’Esperto in Gestione dell’Energia, per la quale è previsto un determinato iter formativo. L’Esperto Gestione Energia – EGE – è il responsabile del sistema di gestione energetico secondo la norma ISO 50001. È una figura introdotta dal D.lgs. 115/08 e con il D.lgs. 102/2014 è stata prevista la sua certificazione in base alla norma UNI CEI 11339.

L’EGE ha titolo per condurre diagnosi energetiche presso le imprese e può formalizzare il rilascio dei cosiddetti certificati bianchi o Titoli di Efficienza Energetica (TEE). Si tratta di titoli negoziabili che certificano il conseguimento di risparmi nell’uso di energia attraverso interventi e progetti di efficientamento energetico. Un certificato equivale al risparmio di una Tonnellata Equivalente di Petrolio (TEP).

Consulente come Tecnico Gestione Rifiuti

Per quanto riguarda la gestione dei rifiuti il consulente ambientale assume il compito del cosiddetto Waste Manager. Figura che tra le proprie attività principali comprende l’analisi, il monitoraggio e l’ottimizzazione dei costi di smaltimento dei rifiuti speciali aziendali.

Si occupa oltre alle procedure e metodologie volte a gestire l’intero processo di smaltimento anche della gestione della documentazione da produrre per rispettare le conformità alla Normativa vigente. I consulenti ambientali possono anche svolgere attività di verifica, appurando che le procedure già in essere all’interno di un’azienda siano svolte in maniera conforme e nel caso implementare progetti per risolvere le non conformità.
Come step successivo il consulente ambientale può diventare Responsabile Tecnico gestione rifiuti. Per fare ciò deve però superare un esame in Camera di Commercio in base alla categoria di gestione rifiuti nella quale vuole esercitare.

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Auditor di Sistemi di gestione ambientale e certificazioni

Il consulente ambientale può svolgere l’attività di auditor all’interno di un’azienda per quando riguarda il sistema di gestione ambientale. Questo è uno strumento volontario applicabile a qualsiasi organizzazione che persegua un miglioramento continuo delle proprie prestazioni ambientali attraverso lo sviluppo e l’attuazione di una politica ambientale interna.

In questo caso è necessario ottenere la qualifica di auditor certificato per il Sistema di Gestione Ambientale (SGA) normato dalla UNI EN ISO 14001. Si tratta di una Norma internazionale che permette ad un’organizzazione di identificare gli aspetti ambientali delle proprie attività che hanno impatti significativi sull’ambiente e gestirli secondo gli obiettivi individuati nella politica ambientale interna e tenendo conto delle prescrizioni normative.

Esistono anche altre certificazioni ambientali sia per sistemi di gestione che di prodotti. Il consulente ambientale può specializzarsi nella conoscenza di queste e diventarne auditor. Quelle più importanti, oltre le ISO, sono l’EMAS, FSC e ora tutte quelle riguardanti i prodotti biodegradabili e compostabili.

Il consulente valuta l’impatto ambientale

Il consulente ambientale tra le altre attività può supportare l’ottenimento delle autorizzazioni ambientali secondo quanto previsto dalle normative vigenti. La consulenza può riguardare la predisposizione della domanda di AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale) con il supporto alla redazione della documentazione tecnica richiesta. Oppure la redazione e l’inoltro delle istanze di iscrizione, rinnovo e modifica anche dell’AUA (Autorizzazione Unica Ambientale) nel rispetto dell’art. 23 della legge 35/2012. Questa sostituisce fino a sette autorizzazioni riguardanti scarichi idrici, acque reflue, fanghi di depurazione, emissioni in atmosfera, impatto acustico, smaltimento e recupero dei rifiuti.

Può inoltre curarsi del supporto alla predisposizione della VIA (Valutazione di Impatto Ambientale) e della VAS (Valutazione Ambientale Strategica). La VIA è il procedimento mediante il quale vengono individuati gli effetti significativi e negativi sull’ambiente di un progetto. La VAS è la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi in fase preparatoria, quindi prima che ricevano l’approvazione da parte degli organi competenti. La VIA invece si effettua dopo l’elaborazione del progetto. Nello specifico il consulente ambientale può elaborare Studi di Impatto Ambientale (SIA), quantificando gli impatti ambientali ed elaborando quindi i Rapporti Ambientali (RA) necessari alla VAS.

Da non dimenticare il ruolo che il consulente ambientale può svolgere nella valutazione del ciclo vita di prodotti e servizi o LCA (Life Cicle Assessment). Astro nascente tra i nuovi strumenti ambientali, si tratta di un metodo strutturato e standardizzato a livello internazionale per quantificare i potenziali impatti su ambiente e salute umana associati a beni o servizi. Tutto ciò comprendendo il calcolo del consumo di risorse ed emissioni prodotte, partendo dall’approvvigionamento delle materie prime per arrivare allo smaltimento e comprendendo l’impatto durante l’uso o consumo.

Consulente come Risk Manager ambientale

Altra attività integrabile dalla figura del consulente è quella del Risk Manager ambientale. È il professionista che analizza e individua possibili punti deboli o falle e i rischi a cui l’impresa potrebbe essere esposta in materia ambientale e di sicurezza sul lavoro garantendo il rispetto delle Norme. Oltre alle conoscenze tecnico-scientifiche, deve conoscere perfettamente tutte le Leggi del settore formandosi continuativamente. La risorsa può coprire le posizioni di ASPP, RSPP o HSE.

Si deve occupare della messa a punto delle misure preventive e protettive, di supervisione delle attività formative per il personale, misurazioni e reportistica. Attività centrale di queste mansioni è la redazione del Documento di Valutazione dei Rischi (DVR) che rappresenta la mappatura dei rischi per la salute e la sicurezza presenti in un’azienda. Contenuto nel Testo unico sulla sicurezza sul lavoro (D.lgs. 81/2008), la sua elaborazione è un compito obbligatorio non delegabile assegnato al titolare d’azienda con appunto l’ausilio del Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione (RSPP) e del medico competente, previa consultazione col rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.

Specialista in contabilità verde

Si tratta di una sorta di commercialista verde. La volontà governativa di dare impulso alla conversione verde dell’economia, da un punto di vista legislativo è avvenuta tramite la creazione di incentivi fiscali. In questo caso il consulente ambientale deve conoscere l’insieme dei cosiddetti ecobonus e di tutti gli incentivi e le norme che consentono alle imprese di ottenerli. Secondo step sarà poi supportare l’organizzazione nell’ottenimento di questi strumenti.

Il Consulente è un esperto in Diritto dell’Ambiente

Il Diritto ambientale, ovvero tutte quelle Leggi poste a garanzia della qualità e salubrità dell’ambiente è una branca del Diritto in continua evoluzione. La giurisprudenza in riferimento alla sostenibilità ambientale è caratterizzata da una sempre maggiore quantità di Norme tra l’altro in continuo rinnovamento. Il quadro è diventato così esteso e così complesso da interpretare che è difficoltoso applicare correttamente le Normative.

Questa difficoltà è percepita nella maggior parte delle aziende, le cui attività non possono prescindere da una corretta interpretazione del Diritto ambientale. È a questo punto che interviene la figura del Giurista Ambientale, di nascita piuttosto recente. Si tratta di un esperto in Diritto dell’ambiente che conosce perfettamente le normative di questo settore e fornisce consulenza al fine di agire nel completo rispetto delle regole.

Come diventare consulente ambientale

Non esiste un percorso univoco con il quale ottenere un titolo ed iniziare ad esercitare questa professione. Un titolo preferenziale è comunque sicuramente quello di ingegnere ambientale. Nel relativo corso di laurea infatti sono previsti molti esami che affrontano i temi sopra affrontati. Un’altra figura è quella del chimico. Molte delle mansioni del consulente ambientale sono infatti facilitate se vi è una conoscenza dei materiali e dei metodi di analisi.
Biologia e scienze naturali sono anch’essi compatibili con un percorso professionale nella green economy. Giurisprudenza se declinata alla legislazione ambientale può divenire molto utile per effettuare consulenze legali in quest’ambito. Titoli in Economia e Management possono essere utili in questo campo come lo sono in tante altre professioni odierne.

Le competenze richieste a un consulente ambientale come detto richiedono una certa multidisciplinarietà. Magari in futuro ci saranno corsi universitari più specifici e quello che oggi viene inteso come multidisciplinare, un giorno sarà visto come qualcosa di verticale. Una laurea comunque non è indispensabile.

Non esistendo ancora un corso di laurea ad hoc, la strada verso la professione è aperta e legata tantissimo alla formazione continua, personalizzata in base alle aspirazioni del singolo. Magari cercando di intercettare le richieste del mercato. Sono stati creati diversi corsi professionalizzanti e Master con l’obiettivo di trasmettere competenze che possano permettere lo svolgimento di questa nuova professione. È inoltre nata l’apposita associazione professionale di categoria, l’Unione Italiana Consulenti Ambientali, con l’impegno di valorizzare questa professione e promuoverne un percorso formativo certificato.

Come un consulente ambientale può ottimizzare la gestione dei rifiuti aziendali

Compito del consulente ambientale è quello di porre in essere le soluzioni di gestione dei rifiuti speciali aziendali rispettando le priorità indicate da questa gerarchia. Ecco perché di seguito si è voluta proporre la guida alla gestione dei rifiuti che include una serie di suggerimenti che il consulente ambientale può utilizzare per rendere più efficiente la sua azione.

Creare un protocollo interno

Il primo consiglio della guida gestione rifiuto è definire un protocollo operativo interno all’azienda, che stabilisca le tipologie di rifiuti, i punti di raccolta e i contenitori, le modalità di deposito temporaneo, la frequenza di ritiro e i compiti individuali. Avere un modus operandi strutturato e definito aiuta ad avere sempre chiaro il da farsi e a rendere automatiche le azioni da compiere.

Redigere un documento interno di struttura

Definito il protocollo, crea un documento interno all’impresa nel quale sia messo per iscritto il protocollo in materia di rifiuti. Ad uso e consumo del personale che ha un qualche coinvolgimento con la gestione rifiuti, questo documento deve essere come un manuale e contenere le linee guida per la gestione dei rifiuti. Devono essere rese esplicite le regole di conferimento, oltre alle istruzioni per la compilazione della documentazione e la sua tenuta.

Utilizzare una piattaforma per il controllo delle autorizzazioni ambientali

Al momento della scelta dei trasportatori e degli impianti di destinazione bisogna controllare le autorizzazioni ambientali. Sarebbe ottimale farlo risparmiando tempo, senza dover chiedere dati o aggiornamenti e dover consultare l’Albo dei Gestori Ambientali, che purtroppo non ha un aggiornamento in tempo reale.

Per consultare le autorizzazioni ambientali esistono piattaforme online che raccolgono queste autorizzazioni, archiviando e aggiornando le informazioni in real time, in modo che si possa contare sempre su dati aggiornati. Accessibili in qualsiasi momento agli utenti iscritti al servizio, questo può talvolta essere integrato al gestionale in uso.

Utilizzare un software gestionale rifiuti

Dotarsi di un software per la gestione rifiuti consente una semplificazione della necessaria tenuta documentale. Porta infatti diversi vantaggi tra i quali la velocizzazione dei tempi di compilazione, l’annullamento del rischio di smarrimento dei documenti, il controllo in tempo reale di quantità e tipologie di rifiuti con notifiche sui limiti del deposito temporaneo.

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Mantenersi aggiornati sulla normativa – partecipare corsi di formazione

La formazione continua, se solitamente è intesa come un elemento strategico, ancor di più se si pensa alla crescente accelerazione del cambiamento nel mondo del lavoro, lo è in maniera ancor maggiore nella gestione dei rifiuti. La necessità di conoscere le normative sui rifiuti, unita al loro frequente aggiornamento, pone la formazione continua quasi obbligatoria. Inoltre il rischio di sanzioni, tra l’altro piuttosto care e a volte anche di carattere penale, per chi non rispetta le norme di gestione rifiuti rende indispensabile stare sempre aggiornati.

Altro motivo per formarsi continuativamente è il costante cambiamento tecnologico, che non risparmia il mondo della gestione dei rifiuti. Nuove tecnologie possono portare a nuove opportunità di riciclo o riutilizzo e a un risparmio nei costi di smaltimento. Stare al passo può sicuramente portare dei vantaggi.

Formare il personale

Giunti a metà della nostra guida per la gestione rifiuti, vogliamo consigliare di organizzare qualche ora di formazione destinandola ai dirigenti e a chi gestisce i rifiuti internamente all’azienda. Questo soprattutto perché essendo il produttore, quindi il titolare d’azienda, responsabile per Legge della gestione dei rifiuti, è indispensabile sia formato sulle modalità con le quali essa si realizza. Inoltre è compito del Consulente formare il personale sui diversi aspetti tecnici e normativi della gestione rifiuti, come per esempio la compilazione dei documenti e la loro conservazione, e avere chiaro il quadro di sanzioni che si rischia per un non rispetto delle predisposizioni di Legge.

Effettuare audit di controllo

Verificare attraverso audit, ovvero sopralluoghi di verifica anche informali, il corretto espletamento delle operazioni secondo quanto stabilito nel protocollo e contenuto nel documento interno. Oltre a ciò, queste verifiche possono essere di supporto nella gestione di eventuali non conformità di altro genere. In questo modo sarà anche possibile comprendere se la formazione è stata efficace e nel caso se debba essere migliorata o integrata con nuove informazioni.

Eseguire registrazioni periodiche sul registro di carico e scarico

Eseguire le registrazioni sui registri di carico e scarico non oltre i 10 giorni lavorativi è obbligo di Legge. Per questo è consigliato dotarsi di un metodo, in particolar modo nel caso in cui ci sia una produzione continua del rifiuto, cioè se esiste una produzione giornaliera o settimanale.
In questo caso si consiglia di eseguire la registrazione di carichi periodici secondo quantità calcolate in base alla produzione. Possibile sia necessario un periodo di osservazione per comprendere quali quantità registrare.

Se il registro è tenuto digitalmente, attraverso l’adozione di software gestionali è possibile realizzare carichi automatici.

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Scegliere il criterio deposito Tempo più adatto

Come sappiamo, il D.lgs. 152/2006 prevede dei limiti per il deposito temporaneo. Ciò per evitare che la presenza di rifiuti presso il loro luogo di produzione diventi in pratica una discarica. Secondo il Decreto è facoltà del produttore scegliere tra due criteri:

  • temporale: l’operazione di scarico dei rifiuti deve essere effettuata entro 90 giorni dall’operazione di carico indipendentemente dalla quantità depositata;
  • quantitativo: il produttore può detenere i propri rifiuti in deposito temporaneo fino ad un quantitativo massimo di 30 metri cubi, di cui a massimo 10 metri cubi di rifiuti pericolosi.

In ogni caso, indipendentemente dalla scelta effettuata, il deposito temporaneo di un dato rifiuto non può avere durata superiore a un anno. Tale scelta è naturalmente condizionata dalle caratteristiche quali-quantitative dei rifiuti prodotti e dalla conformazione degli spazi all’interno dell’impresa.

Scopri come effettuare correttamente la caratterizzazione dei rifiuti 

La gestione dei rifiuti dev’essere infatti svolta “secondo criteri di efficacia, efficienza, economicità, trasparenza, fattibilità tecnica ed economica”, come riportato dal D.lgs. 152/2006.

Scegliere un criterio univoco, ciò valido per tutti i rifiuti, per la gestione del deposito temporaneo può risultare comodo ma non pare obbligatorio. Infatti, senza un esplicito diniego nella giurisprudenza, pare essere possibile l’adozione di criteri differenti di gestione del deposito temporaneo scegliendo la modalità quantitativa per alcuni e quella temporale per altri.

Creare sistemi di avviso dei limiti del deposito temporaneo

In base al criterio adottato di deposito temporaneo, con l’ausilio di un software gestionale si possono impostare degli alert che avvisano l’avvicinamento alle soglie temporali o quantitative. Ciò consente di organizzare il trasporto verso l’impianto di destino per tempo.

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Al fine di rispettare il criterio temporale, calcolare il computo dei giorni dalla data del primo carico effettuata sul registro successivo all’ultimo scarico. La tenuta sotto controllo delle scadenze è possibile anche attraverso l’uso di fogli di calcolo.

Per rispettare il criterio quantitativo si consiglia di inoltrare le richieste di trasporto al raggiungimento dei 2/3 del volume in modo da organizzare l’operazione di scarico per tempo evitando il sovraccarico del deposito temporaneo.

Organizzare un deposito temporaneo sicuro

Assicurarsi che il deposito temporaneo sia organizzato per categorie omogenee di rifiuti. I rifiuti appartenenti a diverse categorie non devono essere miscelati, mischiati o posti in uno stesso contenitore. Nell’organizzare il deposito di rifiuti pericolosi, soprattutto se liquidi, evitare di porre a contatto sostanze chimiche che potrebbero reagire tra loro. Verificare le pericolosità HP attraverso le Schede di Sicurezza disponibili.

Scopri limiti di legge e sanzioni sul Deposito Temporaneo Rifiuti

Prendere le adeguate precauzioni per non contaminare suolo, sottosuolo e di conseguenza le falde acquifere. A questo proposito garantire che i rifiuti siano stoccati in idonei contenitori e su superfici di appoggio impermeabile. Per i rifiuti liquidi predisporre idonei sistemi di contenimento degli sversamenti. Si consiglia di stoccare i rifiuti al coperto, se all’esterno sotto tettoie, per proteggerli da fenomeni atmosferici.

Contrassegnare tutti i contenitori di rifiuti con etichette o targhe, ponendole sui recipienti o in corrispondenza delle aree di stoccaggio. Questa etichettatura deve riportare il codice CER con la sua descrizione e le eventuali classi di pericolosità HP. Includere avvertenze di sicurezza attraverso l’utilizzo di ulteriore segnaletica che possa facilitare il personale, come pittogrammi di pericolo, indicando quali eventuali DPI utilizzare.

Consulta l’elenco completo dei codici EER (CER)

Organizzare la conservazione dei registri

L’ultimo consiglio della nostra guida per la gestione rifiuti è assicurarsi la conservazione integra e ordinata di tutti i registri di carico e scarico che oltre ad essere obbligo di Legge, è la base per la compilazione del MUD annuale. In caso di tenuta digitale, mantenere un file aggiornato con un elenco di tutti i registri di carico e scarico. L’utilizzo di un software tendenzialmente lo fa in maniera automatica creando poi delle schede rifiuto da impiegare durante la redazione del MUD.

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Farsi trasmettere la quarta copia del FIR via PEC

Si ricorda che con le novità introdotte dalla Legge di Bilancio del 2017 è consentito l’invio tramite PEC della quarta copia del Formulario FIR. La possibilità di trasmissione della quarta copia del FIR attraverso la PEC è prevista dell’articolo 1 della legge n. 205/2017 e confermata dalla nota del Ministero dell’Ambiente n. 1588 del 31/01/2018. Se si dispone di firma digitale l’invio di una comunicazione da PEC a PEC “sostituisce in tutto e per tutto, ad ogni effetto, la trasmissione materiale (cartacea)”.

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Quindi si consiglia di adottare questa possibilità per ricevere velocemente la quarta copia ed evitare il pericolo di smarrimento o di non ricezione.

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Gli utenti hanno commentato:

Una risposta a “Chi è e cosa fa il Consulente Ambientale?”

  1. Lingua Viva ha detto:

    Articolo molto interessante! Ho sempre avuto una passione per l’ambiente e sto considerando la possibilità di diventare un consulente ambientale. Grazie per le informazioni utili e i consigli su come iniziare questa carriera!

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